1° classificato
Oreste bonvicini
Lezioni d’anatomia
“Dì, ci pensi mai a noi già vissuti?”
(G. D’Elia)
Trattenevo l’impeto delle parole,
nell’aula nuova lezione
a parlar di corpi, vivi e morti
di sezioni e organi recisi.
Cuore fegato e polmoni
ecco i reni, nudi e tumefatti,
scoperti all’ossido dell’aria
e alla luce dei riflettori.
Un unguento sulle mani rosse,
dalla milza sangue a grumi
rappreso nelle arterie conduttrici
e sugli occhi sbarrati e grigi.
Occhi che avranno gioito
al tocco delle dita, la mano
inquieta nella breve vita,
tesa ora sul tavolo d’acciaio.
Dimmi, ricordi quali mondi
hai veduto in vita?
2° classificato
Giuseppe d’Onofrio
I morti, Gina
Venissero davvero nelle notti
coi loro volti lacrimosi e bianchi
i morti, Gina, a darci una speranza
una sopravvivenza.
Gli occhi velati e rotti, senza voci,
brulicassero stanchi tra i viventi
agitassero i sensi addormentati
d’un tempo non più loro.
Fossero fumi opachi alle fessure
filtrati inermi incubi del giorno
sorrisi tristi e ghigni disperati.
Liberassero nodi alle paure,
Gina, d’inesistenza e non ritorno,
di anni mai più venuti o appena nati.
3° classificato
Luca Petroni
II
A cantilena ripete i gorgheggi del tenore.
Mentre si fa grande
il ragazzino cade seduto
davanti al centro commerciale
con la porta che gira
e gira,
da lì esce il profumo di limone
e del sale di Sicilia
incinta di terra di vento e di mare,
è nato il Signore
è vivo il bambino
il bambino lo guarda
gorgheggia più forte
e ricade indietro.
Ora il Signore va via
su una nuvola scura
e il bambino lo maledice
crescendo di una spanna
di due spanne, di tre
è un uomo ormai,
ha perso la voce e aspetta solo
aspetta solo
che il miracolo si compia,
ancora una volta
una volta sola,
e volare via
sul tetto del centro commerciale
e più su
sulle antenne del centro commerciale
per vedere il mondo
tutto il suo Mondo
di lassù.
4° classificato
Luca Bosco
Amico,
l’alba ha i tuoi occhi e ti somiglia
se le foglie sono cadute e il tuo merito
è starmi accanto; mi si presenta innanzi
ubriaca, con l’odore dei forni, in pianto.
Ma non sei senza tempo e ho pietà per le tue mani.
Ancora pochi passi e poi ci perderanno…
Il grigio delle mura è vivo
nonostante svenga ai nostri piedi,
silenziosi come fiori schiusi,
così soli, nel bacino della luce
che una chiesa rinchiuse nel suo inverno.
Poiché la notte trema, sui baveri,
o immersa nei pugni serrati delle tasche,
quando chiunque è colui che cerchi,
colui che aspetti sul limitare della pioggia…
5° classificato
Emiliano Di Rosa
La crociera degli amanti
Partiremo in sordina
su appetibili scialuppe clandestine;
lei vaneggia un’avventura Americana
ma il suo uomo non ci sente
o non le crede addirittura.
Siamo pronti già da prima,
invisibili da troppe settimane;
lui dileggia quella cedola d’Oriente,
poi il nostromo in una scheggia
vira al vecchio continente.
La retorica di Giuda, o mia diletta,
tesse i fili della trama;
fa la spola per la nave maledetta:
una trave nuda e cruda s’intravede
di vedetta dentro l’occhio coniugale
dei serpenti di gomena
di memoria corta.
Ci pilota la premura di un’Europa
infetta di lebbra e di storia:
la crociera degli amanti,
o mia signora, l‘è appena cominciata…
con un secchio di candele accese
per l’ultima cena
della morta innamorata.
Rimestiamo sulla prora
la condotta senza febbre e senza sale,
ché un incendio di pretese ci divora;
una magica corrente di vermiglio
ci veleggia alla deriva.
Le tue labbra il mio giaciglio
ed una nube di compendio:
al di sopra della plebe
ti risveglio: dormi bene?
Tradiremo a gonfie vele!
6° classificata
Anna Torre
26/10/99
Respiro del tramonto
Loquacità cialtrona degli uccelli
Sibilo molle della terra
Quando la luce del giorno non è offesa
e il buio non occulta ogni rumore
È ai confini
In taluni passaggi della vita
Che il dolore
Assume la dolcezza di una culla
Resisto come bimba
Al suo sopirsi
La pena
mi pare universale,
possiede il suono
del moto dei pianeti
e come il sole transita.
7° classificata
Alessandra Crabbia
Buenos Aires
Buenos Aires è l’amore intero,
che affonda con la sua nave
come un capitano ardito,
tra i flutti e le sirene ingannatrici
al largo di una mare di lacrime.
Buenos Aires è il brusio sommesso
di certe preghiere verdi
biascicate da vecchi indios
nel silenzio d’incenso delle chiese.
Buenos Aires è un tango estremo,
tra fiori avvizziti e zucchero filato.
Là, i grandi spazi mi escludono,
le foreste opprimono il mio male di vivere.
Amo solo il sussurrare lieve
della vita assolata che fugge
in un lampo di donne buie, caffè e gomma crepitante.
Amo la vita persa nelle strade gialle di san Rafael,
nelle chitarre d’ombra ed ocra agli angoli,
baciate dall’ultimo sole
Buenos Aires ti torce,
Buenos Aires ti brucia,
Buenos Aires ti ama,
e il suo riso triste e assente
diventa polvere delle tue ossa
e rimpianto infinito.
8° classificato
Piero Zovatto
Caritas
Volesse il cielo
che un singolo ancora
levasse incanto nuovo
alla eccelsa “caritas”.
La carità è ignuda
e pia, vive di speranza;
riposo nella fede.
È casta e splendente
come matrona
d’antica classe;
è generosa e vigilante
come buona popolana.
Ha la bocca d’oro
e dolce, sopporta
e piange in silenzio.
Un grido percuote
il Terzo Millennio:
Le prostitute
vi precederanno
nel regno dei cieli,
o nuovo sinedrio, assiduo
ai precetti ingombranti.
Un Dio gentile
è per ogni uomo
di buona volontà
libera grazia.
9° classificato
Massimiliano Badiali
Piccolo testamento
Quando non ti riempie
Che maschera e canto…
Fiori di cartapesta…
Tra lune e soli di lamiera
Sfiorando
Nascoste sfere d’orbite
Stanche
Tra miraggi di serpi e
Echi di merli…
Ti affido qualcosa di me
O di già tuo…
Questa stimata alata
che sanguina pane di pace
di scaglie di farina lunare
nei prati sapidi di lacrime.
10° classificato
Marco Galli
Eos
Una piccola ombra, impalpabile.
Così si rende al suolo la foglia del cortile.
Cigola lenta la carriola, le spente
foglie traghettando al di là del muro.
Poi giunse la notte
di cobalto,
poi giunse la notte
e sorrise.
E nell’ora di Ecare
il vento notturno, diafana Selene,
spazzò lontano con impetuoso vigore
le nostre bieche meschinità,
il decadente male,
il tetro grigiore che paralizza insensibili.
Eos dita rosate mi ritrovò supino
nel sacro quadrato a rimirar dei ed eroi.